L’India e il suo profumo nel cuore

“Ogni battito del cuore di un uomo è un universo di possibilità” // cit. Khaderbai - Shantaram di G. D. Roberts

“Ogni battito del cuore di un uomo è un universo di possibilità” // cit. Khaderbai - Shantaram di G. D. Roberts

Agosto 2017

Solo chi ha visitato l’India può capire quanto possa essere difficile trovare le parole giuste per iniziare a raccontarla…

Questo post arriva con un notevole ritardo rispetto forse ai tempi in cui andava scritto, con il sangue più bollente e ancora vivo del viaggio più bello mai fatto finora. Con la persona più importante della mia vita, mia moglie Teresa, e senza saperlo (ma oggi più consapevoli) con nostro figlio Mauro, ancora non concepito, ma già presente nei nostri sogni. Cosa c’entra Mauro con questo viaggio? Lo scopriremo più avanti in questo articolo…

Siamo partiti da Roma Fiumicino il 7 agosto 2017 con destinazione Chennai, capoluogo della regione del Tamil Nadu, una delle città più grandi dell’India del Sud. Il nostro viaggio è stato “zaino in spalla” ed è durato 25 giorni; prevedeva numerosi spostamenti quotidiani…per intenderci: ogni giorno una città diversa.

Ma non voglio con questo racconto elencare cronologicamente tutto quello che abbiamo visto, sarebbe faticoso ricostruire tutto il percorso, e noioso per chi legge; preferisco tentare di trasmettervi le emozioni di questo viaggio e di questa terra, così esotica, così spirituale, così colorata, così viva, così….GRANDE!

il nostro itinerario

Non esiste probabilmente un aggettivo unico che riesca a descrivere sinteticamente l’India, così come non esiste in India una lingua ufficiale bensì 21 lingue costituzionalmente riconosciute (e più di 1.500 dialetti), lo stesso vale per le religioni, praticamente tutte presenti e (quasi) pacificamente conviventi.

Il Tamil Nadu è la regione più spirituale dell’intera India, conta infatti il maggior numero di templi e la maggioranza della popolazione è di credo induista. Effettivamente ci sono templi dovunque, di qualunque dimensione, dai più maestosi come la cittadella di Tiruchirappalli, ai più nascosti nelle viuzze dei villaggi; la religione induista viene vissuta in maniera quotidiana, nel senso che quotidianamente molti indiani effettuano dei riti, semplici gesti, come spargere incenso attorno a una statua, o vestire di ghirlande gli ingressi delle proprie case e negozi. I templi non vengono vissuti con la stessa sporadicità occidentale, ma sono luoghi in cui si stipulano patti, contratti, ci si incontra per cercare moglie e marito, per socializzare; per questo sono luoghi sempre molto affollati, dove vige il silenzio in alcuni ambienti, ma non manca la vita anche dei commercianti di fiori e reliquie. Poi ci sono dei templi minuscoli incastrati tra un’officina meccanica e un calzolaio…e lì nel tram tram (caotico) della vita indiana, qualcuno di passaggio si ferma qualche minuto, dedica un pensiero al proprio karma, poi continua la sua giornata lavorativa.

sensale intermediario di matrimoni

Incantevole è stata la visita al tempio di Tanjore al tramonto, con quel sole caldo che illuminava la pietra rossa del tempio, in un’esplosione di colore e calore.

La regione del Tamil Nadu è tra le più estese dell’India quindi l’abbiamo vissuta per più giorni; è stato davvero caratteristico dormire a Chettinad, vecchia città dei ricchi mercanti della zona, nella quale molte antiche residenze sono state convertite in bellissimi hotel, in cui il folklore indiano si miscela con le tendenze architettoniche europee dell’800.

Poi la magia, quella miscela di spiritualità, curiosità e incredulità che ti fa innamorare per sempre dell’India (e qui svelo la ragione per cui ho citato Mauro). Il 12 agosto del 2017 visitiamo Madurai, la più antica città del Tamil Nadu, nota per ospitare una vera e propria cittadella enorme di templi dedicati alle divinità Shiva e Parvati, una città nella città. All’ingresso di uno di questi c’è un piccolo altarino dedicato a Parvati, divinità protettrice della fertilità femminile; ci avviciniamo anche noi, presi da un’incosciente curiosità; una nonna e la sua nipotina ci accolgono sorridenti e disegnano un chakra sulla fronte di Teresa: esattamente un anno dopo, il 12 agosto 2018 nasce nostro figlio Mauro!!! Ecco che l’India che abbiamo amato di più, con il suo carico di fascino e misticismo, quel profumo che ti inebria il cuore ed è diventato parte di noi, e ogni volta che mi torna in mente questa terra straordinaria sento quasi quel profumo.

Poi il nostro viaggio è continuato in Kerala, una delle regioni più famose d’India, situata a sud-ovest della penisola, una regione che da decenni vede eleggere il partito comunista alla guida politica, una delle regioni più ricche, con la maggiore alfabetizzazione, dove l’induismo lascia maggior spazio al cristianesimo e che molti scelgono per le sue incantevoli spiagge. Il Kerala è effettivamente stupendo, entrandoci dall’interno lo si scopre gradualmente attraverso una giungla di vegetazione variopinta, campi coltivati a perdita d’occhio, fiumi e canali…e scimmie ferme agli angoli delle strade.

In Kerala abbiamo avuto contatto con la natura più autentica, selvaggia a tratti; abbiamo percepito una grande attenzione verso la salvaguardia dell’ambiente, con interi resort che operano nel rispetto della natura, eliminando sprechi, uso di plastiche e prodotti nocivi; e all’alba circondati da una sinfonia di versi di uccelli e di ogni tipo di animali. Che meraviglia! Raggiungiamo Cochin, la capitale del Kerala, attraverso le navigazione del lago Vembanad a bordo di un tipico battello della zona, delle house boat, delle case galleggianti, munite di (quasi) tutti i confort.

A Cochin incontriamo maggiore vicinanza con la nostra cultura, probabilmente forti di un’influenza cattolica ma che si fonde inevitabilmente con la cultura indiana. Anche se la contaminazione…fino a un certo punto, infatti in Kerala, per esempio, non è possibile comprare alcolici libermente ma sono sotto il monopolio e vengono venduti da specifici negozi governativi solo in alcune fasce orarie. Invece una delle espressioni più autentiche e caratteristiche della regione è senza dubbio il teatro Kathakali, una disciplina teatrale che basa la sua maestria sulle espressioni facciali e sulla mimica, contro una evidente immobilità sul palcoscenico, forse anche a causa di questi abiti piuttosto voluminosi, difficili e pesanti da indossare; il teatro Kathakali inizia già prima dello spettacolo, con il trucco e la preparazione degli attori direttamente sul palco. In tutta sincerità è difficile seguire uno spettacolo per intero, ed è difficile intuirne la trama, ma sicuramente è stata una bella. A Cochin abbiamo anche vissuto la festa nazionale di indipendenza; in questa giornata di festa si esibiscono artisti di tutti i tipi per le strade. Ci ha colpito molto anche visitare la lavanderia “comunale”, cioè un luogo dove lavorano moltissime persone (per la maggior parte maschi) che lavano e stirano indumenti in grande quantità, per i privati, per gli alberghi, e per chiunque ne abbia necessità

Successivamente prendiamo un volo interno che ci porta nella regione del Karnataka.

Qui c’è un’ulteriore fusione di credi religiosi, nello specifico il giainismo. Visitiamo un tempio in cima a un monte raggiungibile solo salendo 800 scalini. La vista dalla cima è bellissima, ma quello che davvero toglie il fiato è la statua di Gomateshwara alta circa 20 metri. Qui il rigore è più elevato, e bisogna rispettare attentamente le regole del tempio, prima di tutto il silenzio assoluto. Silenzio spezzato solo dai canti dei devoti e dal vento. I sacerdoti giainisti vivono nel totale rispetto della natura e delle forme viventi; molti di loro vivono e pregano completamente nudi, muniti solo di un ventaglio di piume, con il quale spazzano il loro percorso per evitare di pestare involontariamente anche solo un minuscolo insetto…incredibile la loro totale devozione verso il creato!

Nel Karnataka visitiamo anche altre due località degne di essere citate, il tempio in pietra nera di Hassan, totalmente decoratato da bassorilievi, e il tempio di Belur. Ad Hassan facciamo amicizia con un simpatico vecchietto “Bartolino” (x assonanza al suo nome originale) che tutti i giorni si prende cura di un albero del tempio da 55 anni; lo stesso albero che gli regala dei piccoli frutti con i quali lui sfama il suo vecchio asinello. A Belur invece incrociamo un matrimonio indiano, un’ulteriore esplosione di colori nei “sari” (tipico vestito femminile) delle donne della famiglia, e facciamo amicizia anche con un giovane dottore di Bangalore Davesh Roy, appassionato di fotografia, con il quale ancora oggi ci scambiamo dei saluti.

Mysore è una delle città più belle che abbiamo visitato, ex residenza del Maharaja, che viveva in una dimora principesca, un palazzo, oggi museo, affollato di visitatori che splende per la quantità di decori dorati e magneficenti. Mysore è anche una città di grande commercio; ci siamo innamorati dei suoi mercati coloratissimi, dove si può comprare qualsiasi cosa.

Una cosa che ci ha colpito molto è anche lo sforzo (a detta degli indiani senza precedenti) che l’attuale primo ministro Narendra Modi sta facendo in tutto il paese per l’alfabetizzazione dei più piccoli. Abbiamo infatti incrociato tantissimi scolari in tutte le regioni, tutti riconoscibili dalle loro divise scolastiche, con classi composte fino a 50 ragazzi. Che gioia fermarsi a salutarli circondati dalla loro curiosità verso di noi e noi incantati dai loro sorrisi. Ci sono molti murales governativi nelle città che invitano le famiglie a iscrivere i bambini a scuola; di contro abbiamo purtroppo incontrato anche molti bambini a lavoro, nei mercati e nei quartieri più poveri, segno che il lavoro minorile è ancora troppo presente nel paese!

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Da Mysore il viaggio è continuato verso al moderna Bangalore, considerata la Sylicon Valley indiana, ovvero la città delle tecnologia, dove hanno sede le maggiori aziende tecnologiche. Da Bangalore un nuovo volo interno ci porta a Goa, la regione probabilmente più occidentalizzata della nazione, ex colonia portoghese, e a maggioranza cattolica. Goa è famosa nel mondo per le sue spiagge e per i suoi “rave party”, destinazione preferita da gli hippie di tutto il mondo. Noi non abbiamo trovato molta movida in agosto perché coincide con il loro inverno, quindi abbiamo avuto modo di goderci un clima mite in un bellissimo hotel sul mare. Sono stati 3 giorni di totale relax dopo 18 giorni di continui spostamenti. Spiagge larghissime e deserte, popolate solo verso il tramonto dai bambini che giocavano e venivano incontro ai pescatori di ritorno dal mare.

L’ultima tappa del nostro viaggio è stata la megalopoli Bombay (o Mumbai), una città di 18 milioni di abitanti, capitale finanziaria della nazione. Riusciamo a visitare solo alcune zone della città, che sicuramente merita una permanenza più lunga. La città ci accoglie in maniere totalmente opposta rispetto al silenzio di Goa: rumori e clacson da ogni lato; guidare in questa città è davvero difficilissimo e bisogna prestare continuamente attenzione.

Bombay ha il suo lato più caratteristico lungo la spiaggia di Chowpatty, che nei nostri giorni si preparava alla famosa festa Ganesh Chaturthi in onore del Dio Ganesh (il famoso elefante), una delle divinità più venerate perché protettore della casa e risolutore dei problemi. Molte statue in città venivano portate in piccole processioni di quartiere e sulla spiaggia si preparava la costruzione di un grande palco.

Sicuramente la visita più toccante che abbiamo fatto in città è stato lo Slum di Dharavi. Un’esperienza che ancora oggi faccio fatica a dimenticare e che mi ha reso veramente consapevole della nostra condizione privilegiata. Lo slum è il nome indiano che indica le cosiddette baraccopoli o “favelas”, ovvero dei quartieri dove vive la parte più povera della popolazione. Ahimè Dharavi è enorme: 1 milione di abitanti, proprio nel cuore della città. 1 milione di persone in una densità abitativa davvero impensabile è considerata la più grande dell’Asia. Il quartiere è il centro di smaltimento della maggior parte dei rifiuti provenienti da tutta l’India; ci sono tante zone del quartiere adibite ognuna a un ruolo ben preciso: la zona della plastica, quella dei metalli, quella delle vernici, ecc…abitanti di tutte le età lavorano alla separazione degli elementi, alla fusione dei materiali, al lavaggio, allo stoccaggio e infine tutto viene rivenduto. Inutile sottolineare le condizioni di lavoro assolutamente inadeguate, condizioni che troppo frequentemente vedono l’ammalarsi dei lavoratori specialmente di malattie respiratorie causate da fumi tossici; malattie per quali quasi nessuno ha le risorse economiche per curarsi…eppure in mezzo a tutta questa grande povertà, una dignità assoluta: chiunque di ingegna per lavorare e guadagnarsi la propria giornata; nessuno ci ha chiesto soldi né elemosina e questo onestamente ci ha molto colpito e…insegnato molto! Il quartiere però è anche abitato da molti lavoratori che lavorano fuori dallo slum, che però magari sono nati qui, o che qui ci abitano o hanno famiglia…insomma un’umanità senza confini fatta sì di condizioni misere ma vissute con orgoglio. Visitiamo il quartiere con una guida dell’organizzazione no-profit www.realitygives.org (che consiglio) che organizza tour per turisti e che utilizza tutti i ricavi per la scolarizzazione dei più piccoli e per le cure sanitarie nello slum. Senza una guida sarebbe stato impossibile visitare lo slum perché è vero labirinto fatto di viuzze talmente strette da essere quasi completamente buie, ci saremmo persi sicuramente. Una delle poche regole dell’organizzazione è quella di non scattare fotografie nel quartiere per non spettacolarizzare la condizione degli abitanti, troppe volte soggetti ideali per fotografi occidentali. Onestamente per me, sulle prime, è stato un po’ frustante non poter usare la fotocamera, perché il quartiere offre migliaia di fotografie, ci sono spunti ovunque: i sorrisi dei bambini stridono con il loro poverissimo contesto, raggi di luce entrano tra le lamiere delle baracche, i teli anti-pioggia blu sui tetti (visibili anche dall’aereo), un parco giochi totalmente privo di giochi…insomma per un fotografo centinaia (forse migliaia) di possibili fotografie. Ma abbiamo accettato e sposato questa filosofia e con il permesso dei soggetti sono riuscito cmq a scattare qualche fotografia decente.

Prima di lasciare Bombay abbiamo infine visitato la casa-museo di Mahatma Ghandi, il suo quartier generale, in cui sono conservati ancora molti suoi libri, documenti e la sua famosa stanza del telaio. E’ stato bello vivere pochi minuti in queste stanze che così decisive sono state per la storia della nazione, per la loro libertà dal dominio britannico, e forse per il mondo intero, grazie alla sua filosofia della contestazione non-violenta.

Ripartiamo per l’Italia sotto un grande acquazzone e giusto in tempo prima di un’alluvione che ha colpito duramente la città nei giorni successivi.

Ripartiamo per l’Italia con il cuore pieno.

Pieno di tantissime sensazioni che faccio fatica ad elencare, sicuramente pieno di gioia e di malinconia, pieno di tutta la curiosità che solo i contrasti dell’India riesce a dare!

Dovrei spendere innumerevoli altre parole per descrivere questo viaggio ma preferisco citare due frasi dal libro “Shantaram” di G.D.Roberts che in qualche modo sento descrivano la nostra esperienza:

L’unico potere che conta veramente è quello di migliorare il mondo
— Qasim Ali Hussein (capo dello slum)
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Le basi del reportage con Alessandro Cinque